Renato Sacerdoti

La società, i dirigenti, la storia della Roma
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Luke Skywalker
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Renato Sacerdoti

Messaggio da Luke Skywalker »

Di Renato Sacerdoti si parla ormai pochissimo, ma se si guarda a quello che è riuscito a fare per la Roma, si comprende come non solo avesse risorse in quantità da mettere in campo, ma fosse pure in anticipo sui tempi nelle modalità di gestione. Fu però molto sfortunato, perchè le vicende del fascismo e della guerra minarono i progetti che stava riuscendo faticosamente a mettere in piedi. In un certo senso è il simbolo della storia della Roma in quanto incarna il paradigma "Arrivo a due punti dalla prima ma non vinco", è addirittura il primo ad incarnarlo, ma direi che più che per ogni altro, le attenuanti giocano a suo favore.
Ma andiamo con ordine, riporto da Wikipedia:
Renato Sacerdoti (Roma, 20 ottobre 1891 – Roma, 13 ottobre 1971) è stato un dirigente sportivo italiano. Detto «Il Banchiere di Testaccio», è tra i fondatori dell'Associazione Sportiva Roma di cui è il secondo presidente dopo Italo Foschi. Con i suoi 13 anni al vertice della società (tra il 1928-1935 e, successivamente, tra il 1952 ed il 1958) è colui che ha presieduto la società giallorossa per più tempo dopo Franco Sensi.[1][2]
Saltano subito all'occhio due dati fondamentali: fu uno dei fondatori e dopo Sensi è finora l'uomo che più a lungo di ogni altro ha ricoperto la carica di presidente della Roma. Se però si considera che, tra le due presidenze, è stato a lungo "eminenza grigia" della Roma, il periodo nel quale ha avuto un ruolo decisivo è più lungo.
Sacerdoti salì agli onori delle cronache per il ruolo fondamentale che ebbe nella trattativa tra le società Alba, Fortitudo e Lazio che nel 1927 avrebbe portato alla nascita dell'AS Roma; la difficile trattativa sulla fusione aveva nei debiti che le tre società volevano vedersi riconosciuti un ostacolo insormontabile. L'ostacolo venne superato allorché i facoltosi dirigenti del Roman vennero convocati da Italo Foschi in sostituzione dei dirigenti della Lazio. Renato Sacerdoti e Pietro Crostarosa (tramite le banche delle quali erano referenti) avrebbero infatti garantito le somme di denaro necessarie per colmare i debiti ed immesso nel nascituro club il denaro necessario per rinforzare la nuova squadra.[3][4]

Subentrato già nel 1928 ad Italo Foschi (come commissario straordinario)[5] fu sotto la sua presidenza che la Roma affrontò l'ultimo campionato prima dell'avvento del girone unico. I risultati furono incoraggianti: la squadra conquistò il terzo posto (a pari merito con l'Alessandria) nella Divisione Nazionale, risultato che, se confrontato ai risultati degli anni precedenti ed a quanto ottenuto dalle altre rappresentanti del sud, fu certamente un successo per il neo presidente.[6]
Da qui si evince che senza Sacerdoti probabilmente la Roma come la conosciamo oggi non sarebbe mai nata. Non so poi se questo avrebbe portato comunque a un rafforzamento dell'Alba, della Fortitudo o del Roman, e quindi alla crescita di una realtà alternativa alla Lazio, però se siamo quelli che siamo lo dobbiamo a questo signore. Si parla sempre di Italo Foschi, ma senza dubbio Sacerdoti e Crostarosa sono le vere condiciones sine quibus non della fondazione dell'Associazione Sportiva Roma.
C'è poi subito un successo gestionale: il terzo posto del 1929, al secondo campionato di divisione nazionale, che per una squadra del centro-sud rappresentava un traguardo importantissimo.
Fu sotto la sua presidenza che venne costruito Campo Testaccio, lo storico impianto che la squadra giallorossa utilizzerà negli incontri casalinghi durante gli anni trenta. Diversamente da quanto ci si sarebbe potuti aspettare, la costruzione del nuovo impianto sportivo causò rimostranze nei confronti di Sacerdoti e l'accusa di aver sprecato ingenti somme di denaro: le sue appassionate difese sono ancora presenti negli archivi della società di Trigoria.[5]

Queste vicissitudini non inficiarono il rapporto tra la tifoseria e il presidente: Renato Sacerdoti sin dai primi anni '30 costruì una squadra solida, gettando le basi anche per i suoi successori tanto che l'affetto per il presidente da parte dei tifosi veniva "cantato" nel finale dell'inno di quegli anni:[7]
« ...Fin che Sacerdoti ce sta accanto / porteremo sempre er vanto / Roma nostra brillerà. »

La Roma degli anni '30 rimarrà nel ricordo dei tifosi come la più forte squadra mai avuta dalla società per quasi mezzo secolo, finché negli anni '80 con Dino Viola l'AS Roma vivrà nuovamente un decennio da protagonista.[8][9][10][11]
Veniamo poi al piatto forte: lo stadio! Ci rempiamo sempre la bocca dicendo che non siamo mai stati così vicini allo stadio di proprietà, ma questo signore era riuscito a costruirlo! Certo, erano altri tempi, ma è incredibile come Sacerdoti avesse già intuito che la proprietà delle strutture avrebbe fatto la differenza nel lungo periodo. Interessante notare come "l'ambiente" avesse iniziato a farsi sentire. Lo stadio di proprietà non andava bene, bisognava spendere tutto in cartellini! Mi viene in mente una scena gustosa: un antenato di principe che in qualche caffè si accapiglia con i tifosi che non vogliono lo stadio. asd
Nonostante le spese per lo stadio la Roma costruisce una grande squadra, che per 50 anni rimane termine di paragone insuperato:
Sacerdoti operò nel calciomercato, con acquisti e cessioni che fecero notizia: tra le prime operazioni vi fu quella che permise di riportare Fulvio Bernardini a Roma, così come di rilievo fu l'acquisto dei tre oriundi: Scopelli, Stagnaro e Enrico Guaita, quest'ultimo capace di 29 marcature in un torneo a 16 quadre nel 34-35. Sul lato cessioni fecero scalpore e crearono dissapori con la tifoseria quelle dell'attaccante Rodolfo Volk e del capitano Attilio Ferraris: quest'ultimo, capitano della squadra e nazionale, si accasò, clamorosamente, alla Lazio.[12]
Un presidente che costruisce strutture, mette la squadra in condizione di lottare con formazioni che fino a quel momento avevano dominato il campionato e fa colpi da capogiro: una gestione che oggi ci farebbe impazzire e metterebbe tutti d'accordo. Però la Roma è la Roma, e tanta grazia capita in un periodo sfortunato. Tra fascismo, guerra d'Etiopia e leggi razziali, in poco tempo l'edificio crolla prima di consolidarsi e, nonostante lo scudetto nel '42, la Roma si ridimensiona economicamente, complice il definitivo abbandono di Campo Testaccio nel 1940. Un abbandono che, se Sacerdoti non fosse stato al confino, è legittimo ritenere non sarebbe stato avallato. L'impianto aveva bisogno di interventi strutturali, dato che le tribune lignee stavano cedendo, ma la società, con una scelta miope, trovò più conveniente abbandonarlo e iniziare a dipendere dagli enti pubblici. Si passò quindi allo Stadio Nazionale del PNF, l'antesignano del Flaminio, e poi, dal 1953, all'Olimpico. Che rimpianto! Comunque, come anticipato, a metà decennio le fortune di Sacerdoti cominciano a declinare:
Nell'estate del 1935 avvenne uno dei più clamorosi eventi della storia romanista: la fuga dei tre oriundi acquistati appena due anni prima.[13] La fuga dei tre avvenne subito dopo che Sacerdoti riuscì a portare a Roma i due terzini della nazionale di calcio (campione del mondo in carica): Allemandi e Monzeglio, ridimensionando in positivo le ambizioni della squadra da molti data come pretendente al titolo nazionale.[13] Nonostante tali vicende, la Roma riuscì a mantenere i pronostici arrivando ad un solo punto dal Bologna, ma per Sacerdoti fu l'inizio di un periodo durissimo sul piano umano: accusato di esportazione illecita di valuta nell'acquisto dei tre giocatori, venne infatti mandato al confino.[1]
L'estate del '35 ci immerge in atmosfere che ben conosciamo. Inizia la vera storia della Roma. Sacerdoti stava costruendo una squadra stellare, ma, proprio quando riuscì a mettere sotto contratto i due terzini della nazionale italiana (mi ricorda un certo Walter asd ) e a far definitivamente quadrare il cerchio, tre dei fuoriclasse acquistati nel tempo scapparono per paura di essere chiamati alle armi per la guerra d'Etiopia! Penso si tratti di uno degli eventi più funesti della nostra storia. Quella squadra, nonostante tali perdite, riuscì ad arrivare seconda a un punto dalla prima :ssss: . Non credo sia azzardato affermare che, qualora fossero rimasti i tre oriundi, la Roma avrebbe vinto il suo primo scudetto nel '36. E poi da lì chissà, magari sarebbe sorto un ciclo. E invece, as usual, niente. Intanto inizia la persecuzione di Sacerdoti da parte del regime per via delle sue origini ebraiche. Per lui c'è addirittura il confino.
Il motivo di tali accuse può essere ricondotto alle sue origini ebraiche che lo rendevano un personaggio inviso al regime fascista che pochi anni dopo avrebbe promulgato le cosiddette leggi razziali. Durante la guerra Sacerdoti riuscì a scampare alle deportazioni nei lager nazisti travestendosi da prete e rifugiandosi in un convento.[1][14]
Insomma Sacerdoti è costretto ad un lungo periodo di inattività, più o meno a partire dal '36. Tra confino e seconda guerra mondiale, è completamente tagliato fuori dalla gestione della società. Dopo la liberazione, è però pronto a dare nuovamente il suo contributo.
Terminata la Seconda guerra mondiale Renato Sacerdoti rientrò nell'organico della società sportiva, dapprima come eminenza grigia, poi, nel 1949, come vicepresidente.[1][15]

In questi anni entrò in polemica[senza fonte] con Fulvio Bernardini e Tommaso Maestrelli: furono loro a pagare per i risultati della squadra nel dopoguerra. Questa scelta si rilevò avventata per la società: i due, infatti, riscossero in seguito grandi successi con club quali Fiorentina e Lazio, successi che condussero tali club ai primi titoli nazionali della loro storia, mentre la Roma finì in Serie B al termine della stagione 1951 dopo essere passata indenne per lo scandalo arbitrale noto come "il caso Pera", dal nome del direttore di gara coinvolto che nel 1950 avrebbe favorito la Roma in uno scontro diretto per la salvezza al termine del campionato.[2][16]

Con la Roma nella serie cadetta Renato Sacerdoti venne richiamato alla presidenza della società. Il «Banchiere di Testaccio» aveva un suo progetto per riportare la società a livelli più alti, progetto che ebbe subito successo con l'immediato ritorno in Serie A, ottenuta in una stagione nella quale solo la prima classificata aveva accesso alla promozione diretta.[2][17]

I suoi successivi anni di presidenza restituirono solidità alla società, che, eccezion fatta per un 14º posto, rimase stabilmente tra le prime sei compagini del campionato ottenendo un brillante terzo posto nel 1955 (poi secondo per squalifica dell'Udinese) che valse alla Roma anche il ritorno in una competizione Europea.[18] La risalita della Roma dopo un decennio buio fu frutto anche di acquisti eccellenti quali Alcides Ghiggia e István Nyers, mentre i rapporti con gli allenatori non furono brillanti come testimoniano i numerosi avvicendamenti susseguitisi in quegli anni.[12]

Renato Sacerdoti contribuì alla fondazione del primo coordinamento dei club di tifosi organizzati: i circoli "Attilio Ferraris".[16] Parallelamente a quello della fondazione di tali circoli fu anche ventilato un progetto per portare Sacerdoti in Senato, come rappresentante non di partiti politici ma di una tifoseria.[16]

Lasciata la presidenza nel 1958 Sacerdoti restò nella dirigenza giallorossa fino al 1967. Morì il 13 ottobre del 1971 a 79 anni.[1]
La prima cosa da chiarire è che non fu lui il principale responsabile dell'ignominiosa retrocessione. Nonostante fosse tornato vicepresidente e avesse grande influenza nella società, la gestione non era nelle sue mani. Al contrario, lui tornò presidente proprio l'anno successivo, per tentare la risalita immediata in massima serie. Centrò l'obiettivo al primo colpo e poi non si fermò lì, riuscendo a ricostruire una base economica solida e ad acquistare giocatori come Alcides Ghiggia. Arrivò addirittura un terzo posto, poi secondo per la squalifica dell'Udinese. Non male.

Ancora nel '67 è tra i fautori di una svolta centrale nella storia romanista, la trasformazione in società per azioni:
1967: il 21 gennaio il nome di Dino Viola per la prima volta compare nei documenti societari. Al Teatro delle Arti riprendono i lavori di una seduta drammatica dell'assemblea dei soci, sospesa sei giorni prima con un ordine del giorno che contemplava, al terzo punto, una sinistra ipotesi di scioglimento e messa in liquidazione della AS Roma. Viola chiede di intervenire ma successivamente rinuncia dicendosi in linea con quanto già espresso dall'ex presidente Renato Sacerdoti, favorevole alla proposta di trasformare la Roma in SpA per fare fronte alla crisi finanziaria della Società. Accadrà il mese successivo, il 16 febbraio, nello studio del notaio Niccolò Bruno: tra i presenti, Dino Viola.
Che dire: uno dei più grandi rimpianti per la Roma è il fatto che la presidenza di quest'uomo danaroso e incredibilmente lungimirante sia coincisa con un periodo storico come quello. Come spesso ci accade e come accadde per la prima volta allora, quando tutto sembra pronto per il trionfo, puntualmente succede qualcosa che, come in un mostruoso gioco dell'oca, ci costringe a ricominciare da capo!
Credo però che si debba rendere giustizia a Renato Sacerdoti. E' a mio avviso inconcepibile che non lo si nomini mai quando si citano i migliori presidenti. Uno così aveva le carte in regola per dare fin da subito quella svolta che ci avrebbe regalato una storia diversa. Stadio di proprietà, società ben organizzata, colpi da favola! Quando mai abbiamo avuto tutto questo insieme? Ritengo che giovi alla memoria storica collettiva far riscoprire a tutti i romanisti la vita e le opere di questo grande dirigente che poco ha da invidiare, dal punto di vista gestionale, a Viola e Sensi. Gli sono mancati i titoli, ma, lui sì, dobbiamo giustificarlo dato quel che accadde.

Per amor di verità lasciamo spazio anche al più grande errore da lui commesso, che però testimonia l'oculatezza e il pragmatismo della sua gestione:
Su El Alemano (un soprannome meno poetico del leggendario Saeta Rubia, ma che rende bene la caratteristica di potenza fisica di questo fantastico atleta), che vivacchiava nella squadra circense dei Milionares di Bogotà circolavano diverse voci. Erano in molti a sostenere che fosse ormai un giocatore finito, una sorta di Buffalo Bill che vagava per il continente americano offrendo pantomime che potessero ricordare l’antica gloria. Del resto come poteva continuare a rimanere a Bogotà? Bogotà è una città meravigliosa, fantastica per viverci, ambientare un libro di Gabriel Garcia Marquez o un concerto della divina Shakira, ma non era certamente uno dei templi del football mondiale. Comunque sia, Alfredo Di Stefano è stanco del suo esilio dorato, con i Milionares ha segnato 267 gol in 292 partite. Ma questo non gli basta. In un viaggio di piacere ha fatto scalo a Roma, alla Fontana di Trevi ha tirato la classica monetina, ma spera di restare e di riprendere quella monetina con gli interessi.

Eh si, perché la Saeta Rubia ha deciso che intende rimanere in quella città, dove ha capito, esiste un solo club, la Roma. In men che non si dica viene organizzato un incontro. Ai vertici della società c’è Renato Sacerdoti, con Baldassarre vice presidente. Il club è alla ricerca di un grande Vietato per rinfocolare la passione di un pubblico che dopo la resurrezione dalla serie B vuole tornare a vincere. Per prendere Di Stefano servono più o meno 70.000 dollari, e la Roma, diversamente da molti frangenti della sua storia, quei soldi li ha. Sacerdoti prende tempo e inizia a mettere in fila i tasselli della faccenda. Può chiudere la trattativa con Di Stefano senza paure di rilanci, visto che è stato proprio il giocatore a proporsi. Inoltre quando Alfredo giocava all’Huracan, qualche stagione prima, era considerato una delle stelle emergenti del calcio mondiale. D’altra parte da quattro anni non si sa più nulla di lui e 70.000 dollari non sono certo pochi. La bilancia è in equilibrio, ma Sacerdoti non ha e non può avere un quadro completo. Non ha a disposizione filmati, né sulla sua scrivania ci sono relazioni di prima mano. Deve muoversi al buio, e in quella situazione, sfortunatamente, sono i dettagli a fare la differenza. Di Stefano, come da consolidata abitudine, fa delle richieste molto particolareggiate che a quanto sembra comprendono anche lo stipendio per un autista personale. Sacerdoti che non ha realmente capito chi avesse bussato alla sua porta, quando si soffermò su questo punto trasecolò: «Un autista? Ma questo chi crede di essere?».

È così che l’offerta, di un giocatore considerato peraltro ormai anziano, viene fatta cadere. Di Stefano proseguì allora una tournee europea con i Milionares e affrontò il Real Madrid. Santiago Bernabeu s’innamorò di questo fenomeno che tiranneggiava i compagni per avere continuamente la palla: «Dalla a papà, dalla a papà», urlava in mezzo al campo. Fu così che la “Saeta Rubia” finì al Madrid, e fu così che Di Stefano inventò il Real Madrid che prima di lui semplicemente non esisteva.
Eh sì, fu Sacerdoti il responsabile del mancato arrivo di Alfredo Di Stefano alla Roma. Altro treno perso, stavolta colpevolmente, nonostante, dati i tempi e la mancanza di informazioni, ci siano anche in questo caso delle attenuanti. I soldi però al mio omonimo non mancavano, dato che la trattativa la iniziò! Chissà cosa sarebbe riuscito a fare quest'uomo in un contesto storico diverso!


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Re: Renato Sacerdoti: un presidente sottovalutato?

Messaggio da senza sensi »

In effetti conoscevo poco la gestione Sacerdoti, grazie


claudio

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Luke Skywalker
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Re: Renato Sacerdoti: un presidente sottovalutato?

Messaggio da Luke Skywalker »

senza sensi ha scritto:In effetti conoscevo poco la gestione Sacerdoti, grazie
:ok: :flag1:


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Re: Renato Sacerdoti: un presidente sottovalutato?

Messaggio da Mark »

Grazie per il racconto luke


LIBERI!

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Re: Renato Sacerdoti: un presidente sottovalutato?

Messaggio da Dedé »

Mark ha scritto:Grazie per il racconto luke


I ❤
faro


Vedova di delta. Arcinemico di zara.

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Re: Renato Sacerdoti: un presidente sottovalutato?

Messaggio da Solol'ASRoma »

Mark ha scritto:Grazie per il racconto luke



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Re: Renato Sacerdoti: un presidente sottovalutato?

Messaggio da Luke Skywalker »

Quello che è accaduto stasera è stato pesantemente influenzato da quest'uomo. Pensate a un Real senza Di Stefano, la storia sarebbe cambiata. Mannaggia a te Sacerdò! asd


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Re: Renato Sacerdoti: un presidente sottovalutato?

Messaggio da alectric »

Chi è che sottovaluta Sacerdoti...?


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oswald
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Re: Renato Sacerdoti: un presidente sottovalutato?

Messaggio da oswald »

Luke Skywalker ha scritto: Pensate a un Real senza Di Stefano, la storia sarebbe cambiata. Mannaggia a te Sacerdò! asd
70.000 fottuti dollari. :gggg:


Ich begriff, daß Menschen zwar zueinander sprechen, aber sich nicht verstehen; daß ihre Worte Stöße sind, die an den Worten der anderen abprallen; daß es keine größere Illusion gibt als die Meinung, Sprache sei ein Mittel der Kommunikation zwischen Menschen.

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Re: Renato Sacerdoti: un presidente sottovalutato?

Messaggio da pisodinosauro »

la dipartita di molti campioni sudamericani, per paura delle guerre, come Guaita, ma anche Libonatti del Toro ad esempio...lasciò il calcio italiano privo della linfa che lo aveva contraddistinto negli anni trenta...

un gran peccato, avremmo vinto sicuramente il mondiale del 1942 e la coppa Rimet



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Luke Skywalker
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Re: Renato Sacerdoti: un presidente sottovalutato?

Messaggio da Luke Skywalker »

pisodinosauro ha scritto:la dipartita di molti campioni sudamericani, per paura delle guerre, come Guaita, ma anche Libonatti del Toro ad esempio...lasciò il calcio italiano privo della linfa che lo aveva contraddistinto negli anni trenta...

un gran peccato, avremmo vinto sicuramente il mondiale del 1942 e la coppa Rimet
Ma più che altro nel '36 avremmo vinto lo scudetto! E ci sarebbero stati 4-5 anni buoni per aprire un ciclo. Non ci mancava nulla per farlo.


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