Kurt e Roma: a cosa serve la bellezza di una città
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Kurt e Roma: a cosa serve la bellezza di una città
Non so se la storia è vera, ma vista la fonte pare proprio di sì.
mi ha commosso, e adesso amo roma ancora più di prima.
http://www.repubblica.it/spettacoli-e-c ... ef=HRESS-8
27 novembre 1989: Kurt Cobain è a Roma, per un concerto con i Nirvana, allora praticamente sconosciuti in Italia, al Piper Club. I fondatori e manager dell'etichetta Sub Pop Records, che ha appena pubblicato l'album di debutto "Bleach", hanno convinto Kurt e la sua band a intraprendere un mini tour in Europa: prima tappa in Italia, per riuscire a conquistare le attenzioni della stampa internazionale e in particolare di quella musicale britannica, unica strada- secondo loro- per ottenere un riscontro negli Usa, fuori da Seattle e Olympia, capitale dello Stato di Washington, dove i Nirvana sono di casa.
Per la prima volta, a distanza di lungo tempo, riemergono decine di fotografie inedite e mai viste di Kurt Cobain e del suo viaggio iniziatico (verso il successo planetario) per le strade di Roma e attraverso alcune città europee: sono raccolte in un libro che verrà pubblicato nel 2013 in italiano, e che adesso esce solo in lingua inglese in una incredibile versione per iPad e il nuovo iPad mini in alta definizione, con il titolo "Experiencing Nirvana: Grunge in Europe, 1989". L'autore, Bruce Pavitt, fondatore della storica label dei Nirvana, la Sub Pop, presenta a New York, nell'auditorium dell'Apple Store di Soho, questa microstoria in cui Roma riveste un ruolo cruciale. Kurt Cobain, infatti, in quel novembre del 1989, al termine di un concerto che lo aveva sfinito (anche per via di un tentativo di autolesionismo sul palco che per miracolo non ebbe conseguenze), minacciò di rompere con il gruppo. Era psicologicamente a pezzi, voleva soltanto rientrare subito a Seattle dalla sua fidanza di allora, Tracy (a cui è dedicata la canzone "About a girl"), aveva già deciso di lasciare la band. Roma, il suo fascino, la bellezza, la storia che Kurt respira a pieni polmoni, placano la sua angoscia, e l'incontro con Roma lo rasserena. Entra in un negozio di dischi a comprare una chitarra, visita per la prima (e anche per la sua ultima) volta nella vita, il Colosseo, la Basilica di San Pietro, si ristora in una trattoria, è un'altra persona, più motivata. Anche se quella notte, sempre a Roma, gli capiterà un piccolo incidente di percorso (in albergo gli rubano il portafogli e il passaporto), Cobain riparte carico di energie verso Ginevra, seconda tappa del primo tour nella storia dei Nirvana. C'è una bella foto di lui che prende un cappuccino al bar della stazione ferroviaria di Roma, e poi mentre da una cabina telefona alla sua fidanzata per comunicarle lo smarrimento del passaporto e farsi spedire dei documenti. Tutto il resto è storia, ma dentro questo e-book, presto in arrivo in Italia anche in una versione hard-cover in libreria, c'è la storia seminale, dolce e disperata come la raccontano le fotografie scattate da un giovanissimo Bruce Pavitt (ex manager dei Nirvana) e dallo stesso Cobain, di un artista che è diventato l'icona dannata del rock e del grunge (di GUIDO ANDRUETTO)
mi ha commosso, e adesso amo roma ancora più di prima.
http://www.repubblica.it/spettacoli-e-c ... ef=HRESS-8
27 novembre 1989: Kurt Cobain è a Roma, per un concerto con i Nirvana, allora praticamente sconosciuti in Italia, al Piper Club. I fondatori e manager dell'etichetta Sub Pop Records, che ha appena pubblicato l'album di debutto "Bleach", hanno convinto Kurt e la sua band a intraprendere un mini tour in Europa: prima tappa in Italia, per riuscire a conquistare le attenzioni della stampa internazionale e in particolare di quella musicale britannica, unica strada- secondo loro- per ottenere un riscontro negli Usa, fuori da Seattle e Olympia, capitale dello Stato di Washington, dove i Nirvana sono di casa.
Per la prima volta, a distanza di lungo tempo, riemergono decine di fotografie inedite e mai viste di Kurt Cobain e del suo viaggio iniziatico (verso il successo planetario) per le strade di Roma e attraverso alcune città europee: sono raccolte in un libro che verrà pubblicato nel 2013 in italiano, e che adesso esce solo in lingua inglese in una incredibile versione per iPad e il nuovo iPad mini in alta definizione, con il titolo "Experiencing Nirvana: Grunge in Europe, 1989". L'autore, Bruce Pavitt, fondatore della storica label dei Nirvana, la Sub Pop, presenta a New York, nell'auditorium dell'Apple Store di Soho, questa microstoria in cui Roma riveste un ruolo cruciale. Kurt Cobain, infatti, in quel novembre del 1989, al termine di un concerto che lo aveva sfinito (anche per via di un tentativo di autolesionismo sul palco che per miracolo non ebbe conseguenze), minacciò di rompere con il gruppo. Era psicologicamente a pezzi, voleva soltanto rientrare subito a Seattle dalla sua fidanza di allora, Tracy (a cui è dedicata la canzone "About a girl"), aveva già deciso di lasciare la band. Roma, il suo fascino, la bellezza, la storia che Kurt respira a pieni polmoni, placano la sua angoscia, e l'incontro con Roma lo rasserena. Entra in un negozio di dischi a comprare una chitarra, visita per la prima (e anche per la sua ultima) volta nella vita, il Colosseo, la Basilica di San Pietro, si ristora in una trattoria, è un'altra persona, più motivata. Anche se quella notte, sempre a Roma, gli capiterà un piccolo incidente di percorso (in albergo gli rubano il portafogli e il passaporto), Cobain riparte carico di energie verso Ginevra, seconda tappa del primo tour nella storia dei Nirvana. C'è una bella foto di lui che prende un cappuccino al bar della stazione ferroviaria di Roma, e poi mentre da una cabina telefona alla sua fidanzata per comunicarle lo smarrimento del passaporto e farsi spedire dei documenti. Tutto il resto è storia, ma dentro questo e-book, presto in arrivo in Italia anche in una versione hard-cover in libreria, c'è la storia seminale, dolce e disperata come la raccontano le fotografie scattate da un giovanissimo Bruce Pavitt (ex manager dei Nirvana) e dallo stesso Cobain, di un artista che è diventato l'icona dannata del rock e del grunge (di GUIDO ANDRUETTO)
La Sindrome di Setubal: sai benissimo di chi è la colpa, ne conosci i limiti invalicabili, l'obsolescenza naturale... eppure non vuoi ammetterlo, e al primo sorriso ti sciogli come neve al sole, e pensi si possa ripartire.
Re: Kurt e Roma: a cosa serve la bellezza di una città
secondo me molti artisti d'oltreoceano devastati dallo show-business acvrebbero vissuto di più se avessero frequentato di più l'Europa...
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Re: Kurt e Roma: a cosa serve la bellezza di una città
L'avevo letta anche io. Gran bella storia
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Re: Kurt e Roma: a cosa serve la bellezza di una città
Sai,ti dico la verita',non ne sono affatto sicuro...io ho lavorato per quasi 8 anni per una ditta che lavorava per la Rai...e ne ho viste di cotte di crude...lavoravo negli studi Rai o in quelli di Cinecitta',posso dirti con assoluta certezza che cio' che accade oltre oceano ha una risonanza maggiore per il semplice fatto che il prodotto Usa,Cinematografico o musicale che sia,ha un seguito ben piu' vasto....ma di storie piu' o meno tragiche ne conosco a decine anche in Italia,solo che non vengono enfatizzate allo stesso modo...restano artatamente nascoste ....restando in Europa,Amy Winehouse e' una di quelle che ha fatto,purtroppo,la stessa fine dei Kurt Cobain..totti1montella4 ha scritto:secondo me molti artisti d'oltreoceano devastati dallo show-business acvrebbero vissuto di più se avessero frequentato di più l'Europa...
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Re: Kurt e Roma: a cosa serve la bellezza di una città
bello, 'na matriciana nella trattoria giusta fa miracoli
Forza Roma
...che sarà sarà...
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Re: Kurt e Roma: a cosa serve la bellezza di una città
ma infatti è solo una mia idea!...Swan78 ha scritto: Sai,ti dico la verita',non ne sono affatto sicuro...io ho lavorato per quasi 8 anni per una ditta che lavorava per la Rai...e ne ho viste di cotte di crude...lavoravo negli studi Rai o in quelli di Cinecitta',posso dirti con assoluta certezza che cio' che accade oltre oceano ha una risonanza maggiore per il semplice fatto che il prodotto Usa,Cinematografico o musicale che sia,ha un seguito ben piu' vasto....ma di storie piu' o meno tragiche ne conosco a decine anche in Italia,solo che non vengono enfatizzate allo stesso modo...restano artatamente nascoste ....restando in Europa,Amy Winehouse e' una di quelle che ha fatto,purtroppo,la stessa fine dei Kurt Cobain..
è che ho come la sensazione che negli USA ci sia come una maggiore dilatazione del rapporto personaggio pubblico-vita privata di quella che si vive in Europa (e in Italia ancor più marcatamente).
E che la spinta verso l'alienazione (vedi Michael Jackson, Elvis Presley, Whitney Houston) qui sia non dico impossibile ma frenata da fattori sociali e culturali.
Poi giustamente mi citi Amy Winehouse...
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Re: Kurt e Roma: a cosa serve la bellezza di una città
non dimenticherò mai che Kurt Cobain mi ha spinto a prendere in mano una chitarra. mai.
Re: Kurt e Roma: a cosa serve la bellezza di una città
valerioblue ha scritto:non dimenticherò mai che Kurt Cobain mi ha spinto a prendere in mano una chitarra. mai.
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Re: Kurt e Roma: a cosa serve la bellezza di una città
.. gretto materialista!!Layne ha scritto:bello, 'na matriciana nella trattoria giusta fa miracoli
...e poi a sfondarla??valerioblue ha scritto: ↑lunedì 19 novembre 2012, 17:25non dimenticherò mai che Kurt Cobain mi ha spinto a prendere in mano una chitarra. mai.
la cosa più impressionante è che proprio a Roma, dopo il concerto di marino, proverà a togliersi la vita 5 anni dopo. Gli riuscirà appena rientrato in america.LazioEqualShit ha scritto:
L'avevo letta anche io. Gran bella storia
quella foto di lui seduto per terra (chissà quale strada di roma è..) mi colpisce. Magari qualcuno di noi passava di lì e ha pensato a un barbone..
La Sindrome di Setubal: sai benissimo di chi è la colpa, ne conosci i limiti invalicabili, l'obsolescenza naturale... eppure non vuoi ammetterlo, e al primo sorriso ti sciogli come neve al sole, e pensi si possa ripartire.
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Re: Kurt e Roma: a cosa serve la bellezza di una città
tutto il black/death metal che ascoltavo contemporaneamente...ma lui mi ha fattopensare che in effetti suonare e scrivere canzoni si poteva.Daniel Faraday ha scritto: ...e poi a sfondarla??
se poi vuoi sapere quali sono i chitarristi che ritrovo nel mio modo di suonare su due piedi è difficile.
diciamo:
Braithwhite (Mogwai)
Goto (Mono)
Nystrom (Katatonia)
Carpenter (Deftones)
Kozelek (Red House Painters)
Sparhawk (Low)
Halstead (Slowdive)
Jonsi (Sigur Ros)
Smith (The Cure)
ma quelli di roba post rock sono tanti: mi piacciono le chitarre degli Explosions in the Sky, dei Redjetson, dei Godspeed You Black Emperor!, dei Liam, e cose ibride col metal tipo Alcest e Amesoeurs.
lista troppo lunga, ma ne metto uno che sicuramente conosci: The Edge nei primi 4 dischi degli U2. fenomenale.
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Re: Kurt e Roma: a cosa serve la bellezza di una città
Io li ho visti nel 91 al Castello con i Sonic Youth (avevo 12 anni e anche io il giorno dopo ho preso in mano una chitarra) e nel 94 a Marino.
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Re: Kurt e Roma: a cosa serve la bellezza di una città
valerioblue ha scritto: tutto il black/death metal che ascoltavo contemporaneamente...ma lui mi ha fattopensare che in effetti suonare e scrivere canzoni si poteva.
se poi vuoi sapere quali sono i chitarristi che ritrovo nel mio modo di suonare su due piedi è difficile.
diciamo:
Braithwhite (Mogwai)
Goto (Mono)
Nystrom (Katatonia)
Carpenter (Deftones)
Kozelek (Red House Painters)
Sparhawk (Low)
Halstead (Slowdive)
Jonsi (Sigur Ros)
Smith (The Cure)
ma quelli di roba post rock sono tanti: mi piacciono le chitarre degli Explosions in the Sky, dei Redjetson, dei Godspeed You Black Emperor!, dei Liam, e cose ibride col metal tipo Alcest e Amesoeurs.
lista troppo lunga, ma ne metto uno che sicuramente conosci: The Edge nei primi 4 dischi degli U2. fenomenale.
mi piacciono tutti quelli che hai citato.
Ma una menzione particolare va a quel gigante di Mark Kozelek. Ha inventato un vero genere (e infatti citi i Low), e soprattutto è un grandissimo poeta.
E ringraziate che ci sono io, che sono una moltitudine
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Re: Kurt e Roma: a cosa serve la bellezza di una città
Nirvana: 20 anni fa usciva “In Utero”
“Adoro quel disco, mi piace più di Nevermind” dice Dave Grohl parlando di In Utero, il terzo e ultimo disco registrato in studio dai Nirvana, che segue l’uscita del loro album capolavoro che conteneva Smells Like Teen Spirit, brano elevato a inno del grunge e d’una generazione intera.
Questo mese di In Utero si celebra il ventennale, e per l’occasione dal 23 settembre sarà in vendita un cofanetto che contiene tutte le 89 tracce previste nella ristampa, disponibili in edizioni in doppio cd, triplo vinile e dvd live.
I ricordi legati a quest’album, che al debutto si piazzò al primo posto delle classifiche inglesi e americane e vendette oltre cinque milioni di copie in tutto il mondo, per l’ex batterista dei Nirvana sono pura emozione: “Torno a quest’album e guardo la confezione e le foto, e ascolto le canzoni che non ho ascoltato da vent’anni in qua, con le rarità, i demo… Ed è un po’ un trip”, dice Dave Grohl.
Originariamente, Kurt Cobain aveva intenzione di intitolare l’album I Hate Myself and I Want to Die (“Odio me stesso e voglio morire”) frase che estrapola dal suo diario del 1992. In quel periodo, Cobain pronuncia spesso questa frase in risposta a chi gli chiede di come si senta. Cobain del resto, è stanco di prendere il gruppo sul serio e che tutti gli altri lo prendano sul serio. Quel titolo è per lui solo un gioco, ma il bassista dei Nirvana Krist Novoselic, riesce a persuaderlo e a fargli cambiare il titolo, per il timore di scatenare possibili controversie legali. La scelta finale ricade su In Utero, titolo tratto da una canzone della moglie di Kurt, Courtney Love, dalla quale ha da poco avuto una bambina, Francis Bean.
Il disco, che si apre con la frase “La rabbia giovanile ha pagato bene. Ora sono vecchio e annoiato”, si rivela di grande impatto, grazie alla forza delle canzoni. Le doti da songwriter che qui Kurt Cobain dimostra di avere, eclissano ogni lavoro precedente, anche se il disco è confuso, colmo di conflitti. A partire da quelli che si ebbero durante la registrazioni contro l’etichetta: il Chicago Tribune all’epoca pubblicò un articolo dal titolo “L’etichetta non è affatto entusiasta dell’ultimo disco dei Nirvana”. Mentre su NME, il giornalista musicale John Mulvey, scrive che “In Utero sembra l’album di una band in cerca di una direzione psicologica”.
Nonostante tutto, il disco genera diversi pezzi memorabili, come Rape Me, suonato sul giro di Teen Spirit, o Heart Shaped Box, che rappresenta la vetta artistica dell’album. Si tratta di una cupissima canzone d’amore, in cui sono presenti alcuni dei temi cari a Cobain, come la dipendenza e il sentirsi in trappola. Non mancano, poi, i momenti di pura follia punk, come ad esempio la corrosiva Tourette’s, e – in mezzo a tutta quella rabbia fosca e meditabonda – quelli caratterizzati da una bellezza sublime e delicata, come Pennyroyal Tea e Dumb.
ricordo grandi stroncature all'epoca...
“Adoro quel disco, mi piace più di Nevermind” dice Dave Grohl parlando di In Utero, il terzo e ultimo disco registrato in studio dai Nirvana, che segue l’uscita del loro album capolavoro che conteneva Smells Like Teen Spirit, brano elevato a inno del grunge e d’una generazione intera.
Questo mese di In Utero si celebra il ventennale, e per l’occasione dal 23 settembre sarà in vendita un cofanetto che contiene tutte le 89 tracce previste nella ristampa, disponibili in edizioni in doppio cd, triplo vinile e dvd live.
I ricordi legati a quest’album, che al debutto si piazzò al primo posto delle classifiche inglesi e americane e vendette oltre cinque milioni di copie in tutto il mondo, per l’ex batterista dei Nirvana sono pura emozione: “Torno a quest’album e guardo la confezione e le foto, e ascolto le canzoni che non ho ascoltato da vent’anni in qua, con le rarità, i demo… Ed è un po’ un trip”, dice Dave Grohl.
Originariamente, Kurt Cobain aveva intenzione di intitolare l’album I Hate Myself and I Want to Die (“Odio me stesso e voglio morire”) frase che estrapola dal suo diario del 1992. In quel periodo, Cobain pronuncia spesso questa frase in risposta a chi gli chiede di come si senta. Cobain del resto, è stanco di prendere il gruppo sul serio e che tutti gli altri lo prendano sul serio. Quel titolo è per lui solo un gioco, ma il bassista dei Nirvana Krist Novoselic, riesce a persuaderlo e a fargli cambiare il titolo, per il timore di scatenare possibili controversie legali. La scelta finale ricade su In Utero, titolo tratto da una canzone della moglie di Kurt, Courtney Love, dalla quale ha da poco avuto una bambina, Francis Bean.
Il disco, che si apre con la frase “La rabbia giovanile ha pagato bene. Ora sono vecchio e annoiato”, si rivela di grande impatto, grazie alla forza delle canzoni. Le doti da songwriter che qui Kurt Cobain dimostra di avere, eclissano ogni lavoro precedente, anche se il disco è confuso, colmo di conflitti. A partire da quelli che si ebbero durante la registrazioni contro l’etichetta: il Chicago Tribune all’epoca pubblicò un articolo dal titolo “L’etichetta non è affatto entusiasta dell’ultimo disco dei Nirvana”. Mentre su NME, il giornalista musicale John Mulvey, scrive che “In Utero sembra l’album di una band in cerca di una direzione psicologica”.
Nonostante tutto, il disco genera diversi pezzi memorabili, come Rape Me, suonato sul giro di Teen Spirit, o Heart Shaped Box, che rappresenta la vetta artistica dell’album. Si tratta di una cupissima canzone d’amore, in cui sono presenti alcuni dei temi cari a Cobain, come la dipendenza e il sentirsi in trappola. Non mancano, poi, i momenti di pura follia punk, come ad esempio la corrosiva Tourette’s, e – in mezzo a tutta quella rabbia fosca e meditabonda – quelli caratterizzati da una bellezza sublime e delicata, come Pennyroyal Tea e Dumb.
ricordo grandi stroncature all'epoca...
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Re: Kurt e Roma: a cosa serve la bellezza di una città
il_noumeno ha scritto:ricordo grandi stroncature all'epoca...
io ricordo i 20 minuti di silenzio dopo "All apologies"...
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Re: Kurt e Roma: a cosa serve la bellezza di una città
Nemmeno noi. (si gioca)valerioblue ha scritto:non dimenticherò mai che Kurt Cobain mi ha spinto a prendere in mano una chitarra. mai.
Non ho capito un ciufolo della vita
paz ha scritto: Poi Danilo ha un qualcosa in più: ha quel tocco macho del bestemmiatore solitario, insomma, di chi non conosce solo le vette ardite dell'intelletto, ma anche la suburra della materialità.
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