Scusate, lo riposto in italiano. A me ha messo i brividi...
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"Mi chiamavano "n***o".
Mi gridavano: "Fanc***o, vai a mangiare banane"
Ogni volta che ho toccato la palla mi han fatto il verso della scimmia.
Non erano solo poche persone. Era una grande sezione dei tifosi della Lazio durante il derby di Roma del 2017.
Questo non è stato il primo abuso razzista che ho sperimentato, ma è stato il peggiore. Era vero odio. Te ne accorgi quando li guardi negli occhi.
In quell'istante non ho reagito. Non me ne sono andato dal campo. Non volevo dar loro quel tipo di potere. Ma dentro, non importa quanto tu sia forte, se sei un essere umano con un cuore che batte, ne sei marchiato per sempre.
Quando qualcosa del genere accade, come reagisce il mondo del calcio?
Le persone dicono, "Ahh, è così terribile"
Le squadre e i giocatori postano un piccolo messaggio su instagram: "Finitela col razzismo!!!"
Ognuno agisce come se fossero "solo pochi idioti"
C'è un'indagine, ma nulla accade davvero, c'è una grande campagna social media ed ognuno si sente bene con se stesso e dopo si torna alla normalità.
Nulla cambia mai per davvero.
Ditemi perché la stampa e i tifosi e i giocatori hanno stoppato tutti assieme la superlega in 48 ore, ma quando c'è un evidente abuso razzista in uno stadio o online, è sempre "complicato"?
Forse perché non sono solo pochi idioti sugli spalti.
Forse perché [la situazione] è un sacco più profonda.
Tutti una volta ogni tanto abbiam fatto una grande campagna di sensibilizzazione sui social media e ognuno si sente bene con se stesso e dopo torniamo alla normalità.
Sapete, penso spesso a Daniele De Rossi. E' venuto da me dopo la partita con la Lazio e ha detto qualcosa che non credo di aver mai sentito prima. Ero ancora monto preso dalle emozioni, molto arrabbiato. De Rossi si è seduto vicino a me e ha detto, "Toni, so che che non proverò mai ciò che tu stai provando. Ma lasciami capire il tuo dolore. Cosa ti passa per la mente?"
Non ha twittato. Non ha postato una manifestazione nera. Si è interessato.
Un sacco di persone nel calcio dicono le cose pubblicamente, ma davvero poi non vengono da te personalmente. De Rossi davvero voleva sentire come mi sentivo. Questo ragazzo era un'icona della squadra. Una leggenda. Quando arrivai per la prima volta nello spogliatoio, il solo vederlo mi ha fatto sentire nervoso come un bambino.
Ma nel mio momento peggiore, De Rossi si è interessato a me come essere umano. Voleva capire.
Sto mettendo a disagio qualcuno parlando di questo? Forse, ma so che il mondo intero sta per vedere la finale di Champions questo fine settimana, e voglio usare la mia voce per parlare di qualcosa di reale.
Questa non è una conversazione di 10 minuti.
Questo non è uno scatto su Instagram.
Questa è la mia vita.
Volete sentire la mia storia? Volete comprendere?
C'è un codice nella cappa che tutti conoscono.
Non mi importa chi tu sia, se sei cresciuto a Berlino-Neukolln come me, o nelle banlieus di Parigi, o in quartiere immigrato nel mondo, conosci il codice: se vedi la mamma di qualcuno camminare per strada con un sacco di borse dal mercato, tu smetti di fare qualsiasi cosa tu stia facendo e la vai ad aiutare.
Non importa se hai appena combattuto col figlio al campetto fino a cinque minuti prima, tu prendi quelle borse e gliele porti per tutta la strada fino alla sua porta!!! Questo è il tuo compito.
C'è una comprensione che anche se veniamo da storie differenti e parliamo lingue diverse in casa, noi tutti viviamo nel vicinato spalla a spalla.
Sebbene siam tutti fottuti allo stesso modo siam tutti fottuti nello stesso luogo insieme.
E' una guerra fredda. Ma nelle persone c'è sempre calore. Questa è una delle prime lezioni che impari da bambino.
Sfortunatamente impari anche lezioni dure.
Un giorno stavo camminando per la strada vicino al mio condomino quando ho visto una vecchia signora tedesca portare le borse della spesa. Era tipo una nonna, molto debole e sofferente. Così sono andato ad aiutarla. Ho detto: "Dammi qui, ti aiuto con le borse, te le posso portar su."
E non scorderò mai questa signora volgersi a me, e lo sguardo di paura nel suo sguardo.
Ha pensato che le stessi provando a rubare le borse.
Davvero ha pensato che la stessi derubando.
E' stato un solo istante. Ma non puoi tornare indietro da quell'istante. L'innocenza - è andata.
E' quando ho realizzato, Oh, questo è come una parte di gente mi vedrà sempre, huh? Sono nato qui, ma non sarò mai tedesco per alcuni tedeschi.
E' agrodolce perché la Germania ha dato tutto alla mia famiglia. I miei genitori erano rifugiati della guerra civile in Sierra Leone. Un sacco di persone davvero non sanno cosa è successo lì. Africa? Così è l'Africa? Solo le immagini in tv di bambini affamati con la pancia gonfia. Ti ci senti male per un secondo, poi cambi canale. Questa è l'Africa per qualcuno. Il terzo mondo, il mondo dimenticato.
E' quella che noi chiamiamo mentalità "gatto sull'albero".
Quando arrivi da una guerra civile in un bel posto come la Germania, è scioccante all'inizio, perché giri fra le notizie e vi trovi un gatto bloccato sull'albero. Si ci è arrampicato lui. Si sta solo rilassando. Ma loro che fanno? Mandano la polizia ed i camion dei pompieri per questo piccolo gatto. Le persone si raccolgono intorno all'albero. Qualcuno piange. Mandano il vigile del fuoco su per la scala, salva il gatto, gli danno una coperta e una tazza di latte. Ognuno si stringe la mano.
Il vigile del fuoco è un eroe. Il gatto è un eroe.
Ma due milioni di persone dispatriate da una guerra civile in Africa?
Questo è solo un numero. Per il gatto piangono. Per gli africani neanche vogliono guardare.
Ancora, voglio esser chiaro: i miei genitori son stati davvero grati di vivere in Germania. Hanno rifiutato di chiamare Neukolln la cappa. Infatti, per loro, è sempre stato "il paradiso in terra". Niente più colpi d'arma da fuoco. Niente più bombe per cui andar via nella notte.
Niente soldi, ma pace.
Essere ricchi per noi era qualcos'altro. Ricchezza per noi era cibo da mangiare, bevande da bere. Hai un grande piatto nel mezzo del tavolo con del riso jollof e del pollo? Sei ricco quel giorno, amico.
Per me, il calcio non era questione di sogno. Era questione di sopravvivenza.
Era quasi come scegliere di diventare un idraulico, un panettiere o un avvocato. Era un modo di sostentarsi. Vi mentirei se vi dicessi che ho sognato di avere grosse macchine o giocare la Champions o altro. No, quest'avventura calcistica era per cacciare la mia famiglia fuori da Neukolln, punto.
Posso ricordare l'esatto momento quando ho realizzato ciò. Ero in cucina una mattina e ho chiesto a mia madre qualche soldo. Penso fossero per una gita scolastica o cose così. Erano pochi euro. Ma lei non poteva darmeli.
Ed io ricordo precisamente cosa mi ferì. Non era che disse no. Era lo sguardo sulla sua faccia. Conosciamo le nostre mamme meglio di chiunque altro. Ciò che mi ha spezzato il cuore era che io potevo vedere che lei voleva disperatamente darmi quei soldi, ma non poteva.
E mi sono letteralmente detto, "Devo esser uomo adesso. Devo tirar la mia famiglia via di qui".
Avevo otto anni. Seriamente.
Se non siete cresciuti in un vicinato immigrato, potreste pensare che stia esagerando. Ma vi garantisco che qualcuno starà dicendo, "Otto anni? Fratello, sei stato fortunato. Io ho dovuto diventare uomo a sei!!!""
Chi sta fuori, qualche volta è difficile per loro capire.
Ricordo quando Thomas Tuchel è arrivato ad allenare il Chelsea, mi ha fatto una domanda interessante. Ovviamente, siamo entrambi tedeschi, ma non ci conoscevamo personalmente. Stavo passando un brutto periodo al Chelsea, prima dell'arrivo di Tuchel, così quando venne, pensai stesse pensando di vendermi.
Disse, "Toni, lascia che ti domandi qualcosa. Ti guardo e vedo che tu sei così aggressivo sul campo. Giochi con così tanta emozione. Da dove viene?"
E gli ho detto la mia storia. Abbiamo parlato un po'. Ma davvero, potrei aver detto solo una parola....
“Neukölln.”
E' così semplice.
Giocavo così duro sui compi lì che le mie scarpe avevano buchi ovunque. Erano semplicemente sandali. Ero così aggressivo che le persone mi hanno iniziato a chiamare Rambo.
Ho giocato come ho fatto perché avevo tanto da dimostrare. Per questo l'ho fatto.
"Tu non sei di qui."
Sapete quante volte l'ho sentito?
Sapete quante volte mi è stato detto di tornarmene in Africa?
Sapete quante volte sono stato chiamato "n***o"?
Otto anni, dovevo chiedere a mio padre, "cos'è questa parola, n***o?"
Alcuni bimbi a scuola mangiavano questo dolce tedesco chiamato schoko kusse - bacio di cioccolato.
La chiamavano n**** kusse. Ed io letteralmente non sapevo cosa la parola significasse, così son tornato a casa e ho chiesto a mio padre, e lui ha detto qualcosa di davvero perspicace.
Ha detto, "Questa è una parola ignorante, figlio. Ma la ragione per cui questi bambini a scuola la usano è perché i loro genitori la dicono tutto il tempo a casa."
Quando cresci chiamato con quella parola, hai una scelta: Puoi scegliere di ignorarla e provare a mantenere la tua dignità, o puoi combattere.
Molte volte ho dovuto fare a botte. Molte volte ho sanguinato. Quella mentalità mi ha formato come calciatore.
Fuori c'era il sogno, ed io avrei fatto di tutto per prenderlo.
Non dimenticherò mai il giorno in cui ho lasciato la mia famiglia a 15 anni per andare nelle giovanili del Borussia Dortmund. Mia madre ha pianto una settimana intera. Non voleva che andassi. Ancora pensare a quel suo pianto...wow. Mi emoziona tanto, e tanto mi mi addolora.
Ma le ho detto, giusto prima di andare, "Un giorno, tutto ciò ripagherà. Un giorno, saremo ancora insieme."
Ricordo lo sbattere della porta e pensare tra me, Sei un passo fuori. Ma la tua famiglia è ancora qui. Devi portarli con te.
Questo è stato 13 anni fa, sembra ieri.
Non avrei mai creduto che avrei giocato la finale di Champions un giorno. Sapete con quanti bambini talentuosi sono cresciuto sulle strade e che non ne sono mai usciti?
Quando vieni da un posto come Neukolln, non stai solo combattendo contro altri giocatori di valore. Combatti anche contro l'ignoranza. Quando ero un giovane giocatore allo Stoccarda, non ho mai sperimentato alcun abuso diretto come avvenuto in Italia. Era più sottile.
Appena giochi male qualche partita, la stampa improvvisamente inizia a scavare nel tuo passato. E dopo averlo fatto come son sempre sicuri di chiamarti?
“Antonio Rüdiger, da Berlino-Neukölln.”
Ahhh, è così aggressivo. E' così crudo. Sicuramente perché è di Neukolln.
Se finisci coinvolto in una rissa in allenamento e sei di un certo quartiere, che dicono? Sei uno che compete. Un leader.
E se sei di un quartiere diverso? Sei un gangster. Sei pericoloso.
Vedete come inizia? Sottile. Stessa personalità, diversa etichetta.
Dopo vai in un posto come l'Italia, ed è un altro livello. E lasciatemi essere chiari: ho amato l'Italia. Ho amato Roma. Le persone ti abbraccerebbero e bacerebbero il primo giorno che ti incontrano. Era proprio una cultura calda. Ma certe persone nella stampa ti vorrebbero sempre giocarti dei brutti scherzi, e questi scherzi possono essere molto pericolosi.
Durante il mio primo derby non ho avuto alcun problema coi tifosi della Lazio. Non ci sono stati abusi. Ma prima del mio secondo derby, stavo facendo un'intervista con un giornalista, quando mi ha chiesto dell'allenatore della Lazio, Simone Inzaghi.
Gli ho detto, "Oh, veramente non lo conosco, ma ho sentito che sta facendo un buon lavoro con loro."
Intendevo che non lo conoscevo personalmente. Ma il giornalista ha sconvolto tutto e l'ha fatto suonare come se disprezzassi Inzaghi. Come se stessi dicendo che non avevo mai sentito parlare di lui. Stava cercando di mettere benzina sul fuoco per qualche click. E' qui che la macchina dei social media inizia, e non puoi farci nulla. Quando arrivò il momento del derby, io ero un furfante, e tutto divenne pazzo.
Questo è il motivo per cui rido quando la gente chiede, "Perché questo razzismo accade? Chi farebbe qualcosa di così terribile?"
Bene, guardiamo più a fondo. Andiamo negli spalti.
Che succede quando la gente urla abusi razzisti durante una partita? Cosa fa la gente intorno a loro? Molti di loro si comportano come se nulla fosse. Forse ci ridono anche su. E continuano così perché si ritengono nel giusto e "innocenti".
Andiamo oltre. Anche noi, come calciatori, siamo parte del sistema. Quante volto abbiamo questo tipo di conversazioni profonde nello spogliatoio? Non così spesso, ad essere onesti. Sembra che siam tutti troppo distratti per parlar realmente di queste cose nella vita reale. C'è sempre la playstation, instagram, macchine, la prossima partita - c'è sempre qualcosa che di distrae dall'avere dure conversazioni.
Perché essere a disagio? Perché parlar di cose che ci fanno tristi? C'è troppa pressione per compierle già.
Così che facciamo invece? Postiamo foto su instagram.
“Kick Racism Out!!!!”
Postare, postare, postare. Sentire come se avessimo fatto qualcosa. E ancora non abbiam fatto nulla. Non cambia nulla.
Non è il mio lavoro conoscere perché è così. Ma so che sapora ha.
Amaro.
E' un sapore amaro.
Potreste chiedervi perché io sto parlando di tutto ciò adesso. Bene, guardate tutto ciò che ho passato al Chelsea quest'anno. Solo quattro mesi fa ero finito. A quel tempo, se leggevi di me sulla stampa inglese, avresti avuto un'immagine molto diversa di me come persona rispetto a chi io sono realmente. Non posso neanche dire che mi sia sentito frainteso. Perché ho provato come se le persone non conoscessero nulla di me.
Era solo un nome.
“Rüdiger.”
Ero qualsiasi cosa dicesse la stampa. Le cose andavano male, e non giocavo molto, così ero un capro espiatorio molto semplice.
Avete letto tutto, son sicuro.
Ero la ragione per cui l'allenatore è stato licenziato.
Portavo cattive vibrazioni.
Sapete esattamente di cosa sto parlando.
E l'abuso razzista che ho avuto sui social media durante quel periodo fu pazzo.
E voglio essere molto chiaro. Non penso che la stampa inglese mi stesse criticando per le mie origini, o per il colore della mia pelle. Ma voglio che le persone capiscano cosa ti capita quando cose del genere son scritte su di te. Se andrete fra le vostre citazioni, vedrete un lato oscurissimo dell'umanità. Capirete che abbiamo una lunghissimissima strada da fare, come società.
E guardate quanto velocemente la storia può cambiare. Quattro mesi fa, i social media dicevano che ero senza valore. Kai non è bravo abbastanza. Timo si era mosso in un nuovo paese nel mezzo di una pandemia. Mai a pensare fossimo esseri umani, non robot. Non era importante. Eravamo tutti senza valore.
Adesso siamo a quattro mesi dopo, in una finale di Champions.
Forse questa sarà una buona lezione per tutti. Forse. Ma non ne sono così sicuro. Il punto delle lezioni è che dovete ascoltare se volete impararne qualcosa.
Quante persone davvero vogliono ascoltare?
In quanti hanno visto questo post e hanno cliccato like perché li fa sentire bene?
Quante persone attualmente hanno letto le mie parole e si son fermate a riflettere profondamente su di essere?
Sapete cosa è così divertente? A volte le persone mi dicono: "Toni, perché te ne interessi? Sono solo troll sui social media. Non sono persone reali".
Ah. Suvvia.
Nelle ultime settimane, ho ricevuto molti messaggi che basicamente dicevan tutti la stessa cosa:
"Toni, mi scuso"
Questi non sono bots. Queste sono persone reali, che si scusano con me per gli orribili abusi che mi hanno mandato a gennaio.
Ma domandatevi, perché lo fanno? Pensate abbiano guardato nei loro cuori a deciso di educarli? Pensate si siano guardati lungamente allo specchio?
Non lo so. Forse. Forse no.
Ma so che stiamo vincendo. Così adesso sono utile loro. Forse sono anche un essere umano ai loro occhi.
Non ho alcun odio nel mio cuore per queste persone. Ma vorrei dir loro una cosa: Se siete genuini in ciò che dite, e vi spiace davvero, non mandatemi un tweet.
Lasciate il telefono per un minuto. Smettete di twittare
Educatevi. Leggete un libro sulla storia nera, e aprite realmente la vostra mente alle esperienze di altre persone. Questo è molto più pregnante di significato che mandare un twit. Possiamo iniziare da questo.
Ascoltate, non sono ingenuo. Non mi aspetto che tutto cambi da una notte all'altra. Non mi aspetto che il mondo del calcio si unisca per uccidere il razzismo in 48 ore come ha fatto con la superlega.
Non risolveremo questo problema con un campagna social, o con questo articolo.
Ho vissuto troppa vita per mantenere la speranza di un fanciullo.
Ma non sono senza speranze. Continuerò a combattere - per sempre. Perché so che ci son persone là fuori che se ne interessano. So che ci sono persone che davvero mi sentono.
Per voi, sto parlando onestamente.
Per voi, gioco questa finale di Champions.
Siete coloro che hanno sofferto con me, che avete pianto con me.
E, inshallah, se sollevo il trofeo sabato, sarete quindi voi a sollevare il trofeo col ragazzo di Neukolln."