La Coppa Rimet raccontata - Brasile '50
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Re: La Coppa Rimet raccontata - Brasile 1950
9 - O Maracanaço, parte prima.
Nel girone finale, il Brasile sgretolò Svezia a e Spagna sommergendole di reti: la prima distrutta da Ademir con un poker, per il rotondo 7 a 1 finale; la seconda con doppiette di Chico e Zizinho, per un altrettanto umiliante 6 a 1.
La locomotiva Brasile era lanciatissima verso la sfida finale del girone, contro la forte squadra dell'Uruguay, che nel frattempo aveva battuto la Svezia 3 a 2 e solo pareggiato con la Spagna per 2 a 2.
Insomma, tutto era pronto per la grande ultima partita, quella della gloria.
Alla fine, al Brasile sarebbe bastato anche solo il pari, e quante volte questo piccolo dettaglio è sttao ignorato nella storia brasiliana.
Ma i 199.854 spettatori paganti, insomma i 200.000 del Maracana volevano il trionfo, nella giornata finale.
Mai nessuno stadio venne riempito con tutta quella gente, lo stesso Maracanà non ha mai battuto quel record di affluenza, neanche con il famoso concerto di Franck Sinastra del 1980 o quello di Paul Mc Cartney del 1992, mi pare.
Nel girone finale, il Brasile sgretolò Svezia a e Spagna sommergendole di reti: la prima distrutta da Ademir con un poker, per il rotondo 7 a 1 finale; la seconda con doppiette di Chico e Zizinho, per un altrettanto umiliante 6 a 1.
La locomotiva Brasile era lanciatissima verso la sfida finale del girone, contro la forte squadra dell'Uruguay, che nel frattempo aveva battuto la Svezia 3 a 2 e solo pareggiato con la Spagna per 2 a 2.
Insomma, tutto era pronto per la grande ultima partita, quella della gloria.
Alla fine, al Brasile sarebbe bastato anche solo il pari, e quante volte questo piccolo dettaglio è sttao ignorato nella storia brasiliana.
Ma i 199.854 spettatori paganti, insomma i 200.000 del Maracana volevano il trionfo, nella giornata finale.
Mai nessuno stadio venne riempito con tutta quella gente, lo stesso Maracanà non ha mai battuto quel record di affluenza, neanche con il famoso concerto di Franck Sinastra del 1980 o quello di Paul Mc Cartney del 1992, mi pare.
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Re: La Coppa Rimet raccontata - Brasile 1950
10 - O Maracanaço, parte seconda.
La mattina del match, i tifosi improvvisano un carnevale, la capitale è tinta a festa e vengono vendute mezzo milione di magliette con la scritta “Brasil campeão 1950“.
Dopo un primo tempo noioso, visto con attenzione e apprensione dai 200mila dello stadio, fu Friaca a far gioire il Maracana.
Ben presto, però, si concretizza un fantasma che ancora non è scomparso in Brasile: in 15 minuti la Celeste ribalta il risultato, grazie alle marcature di Schiaffino e poi Ghiggia.
Barbosa si deve chinare due volte a raccogliere la palla nella rete sguarnita; poveraccio, morirà sentendosi perseguitato dal ricordo, come confidava spessissimo anche nelle interviste rilasciate; ed il rammarico non terminò con la conquista della Coppa del mondo solo 8 anni dopo.
I giocatori brasiliani sono attoniti, lo stadio ammutolito, gli stessi giocatori uruguagi, pur festeggiando, capiscono che hanno violato un sentimento nazionale.
O Maracanaço si è compiuto.
Il presidente della FIFA, Jules Rimet, lascia frettolosamente la Coppa del Mondo tra le mani del capitano uruguaiano Varela; il discorso in portoghese non verrà mai letto di fronte al palco presidenziale, abbandonato dalle autorità brasiliane che hanno già lasciato lo stadio.
L’orchestra non può nemmeno suonare l’inno dell’Uruguay, avendo preparato solo quello della brasiliano: insomma, una sconfitta dalle proporzioni devastanti e che porterà al suicidio di 7 tifosi e al tentativo, si dice – fortunatamente non riuscito – anche da parte del difensore Danilo.
Almemo così si racconta; ancora oggi il 16 luglio è ricordato come il giorno della tragedia del mondiale 1950.
Ma soprattutto, aggiungo io, quando ormai mancava solo mezzora al fischio finale, un comportamento più attento e meno schiavo dell'orgoglio e della presunzione avrebbe permesso ad Ademir; Zizinho e compagni di condurre in porto un risultato utile per la conquista del titolo; bastava un pari, il famoso pari, come al Sarria nel 1982.
Nunca mais, nunca mais, avevano titolato i maggiori giornali brasiliani, evidenziando la cocente delusione registrata.
La mattina del match, i tifosi improvvisano un carnevale, la capitale è tinta a festa e vengono vendute mezzo milione di magliette con la scritta “Brasil campeão 1950“.
Dopo un primo tempo noioso, visto con attenzione e apprensione dai 200mila dello stadio, fu Friaca a far gioire il Maracana.
Ben presto, però, si concretizza un fantasma che ancora non è scomparso in Brasile: in 15 minuti la Celeste ribalta il risultato, grazie alle marcature di Schiaffino e poi Ghiggia.
Barbosa si deve chinare due volte a raccogliere la palla nella rete sguarnita; poveraccio, morirà sentendosi perseguitato dal ricordo, come confidava spessissimo anche nelle interviste rilasciate; ed il rammarico non terminò con la conquista della Coppa del mondo solo 8 anni dopo.
I giocatori brasiliani sono attoniti, lo stadio ammutolito, gli stessi giocatori uruguagi, pur festeggiando, capiscono che hanno violato un sentimento nazionale.
O Maracanaço si è compiuto.
Il presidente della FIFA, Jules Rimet, lascia frettolosamente la Coppa del Mondo tra le mani del capitano uruguaiano Varela; il discorso in portoghese non verrà mai letto di fronte al palco presidenziale, abbandonato dalle autorità brasiliane che hanno già lasciato lo stadio.
L’orchestra non può nemmeno suonare l’inno dell’Uruguay, avendo preparato solo quello della brasiliano: insomma, una sconfitta dalle proporzioni devastanti e che porterà al suicidio di 7 tifosi e al tentativo, si dice – fortunatamente non riuscito – anche da parte del difensore Danilo.
Almemo così si racconta; ancora oggi il 16 luglio è ricordato come il giorno della tragedia del mondiale 1950.
Ma soprattutto, aggiungo io, quando ormai mancava solo mezzora al fischio finale, un comportamento più attento e meno schiavo dell'orgoglio e della presunzione avrebbe permesso ad Ademir; Zizinho e compagni di condurre in porto un risultato utile per la conquista del titolo; bastava un pari, il famoso pari, come al Sarria nel 1982.
Nunca mais, nunca mais, avevano titolato i maggiori giornali brasiliani, evidenziando la cocente delusione registrata.
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Re: La Coppa Rimet raccontata - Brasile 1950
11 - O Maracanaço, parte terza.
Vi allego le impressioni post partita di Varela, capitano dell'Uruguay bicampione del mondo, uomo vero.
Rappresentano una testimonanza appassionante.
Quell'uomo si chiamava Obdulio Varela, era il capitano dell'Uruguay che aveva appena battuto il Brasile e conquistato a Rio de Janeiro, in casa del nemico, il titolo di campione del mondo di calcio. Per tutta la vita si portò dentro il rimorso: un popolo disperato per colpa sua. E non gl'importava che a Montevideo lo avessero eletto eroe nazionale, non gl'importava di essere il simbolo di un indimenticabile trionfo: lui, Varela, vedeva i bambini piangere e capì allora che cosa è la sconfitta.
Nunca mais, mai più, titolarono i giornali brasiliani il giorno dopo. Mai più un dolore simile, mai più una beffa tanto atroce. Loro che avevano appena inaugurato il Maracanà, il tempio del calcio, loro che avevano già organizzato le feste di celebrazione, loro che si credevano campioni del mondo per diritto divino, loro che con la tipica presunzione brasiliana non badavano agli avversari, loro che aspettavano il fischio finale dell' arbitro per urlare di gioia e mettere in scena un Carnevale fuori stagione, carri e ballerine già pronti, fiato alla musica, samba e caipirinha a volontà. Ma la storia che noi vorremmo scrivere diventa spesso prigioniera del destino, finisce imbrigliata in una tela da cui è impossibile uscire e non resta che piangere. Di rabbia e di delusione. Di disperazione, anche. Successe questo: il Brasile, favoritissimo alla vigilia, andò in vantaggio all'inizio del secondo tempo con Friaca, l'ala destra, e il Maracanà esplose. Sembrava l'inizio della disfatta per l'Uruguay: basti pensare che giocatori e tecnici della Celeste, prima di scendere in campo, avevano dichiarato che sarebbe stato un successo perdere con due gol di scarto. Vittime designate e rassegnate: almeno pareva così. D'altronde la nazionale brasiliana era da tutti considerata più forte, con un attacco atomico formato da Friaca, Zizinho, Ademir, Jair e Chico.
Lo stadio, dunque, ballava di passione al gol di Friaca. E in quel momento avvenne qualcosa di strano, qualcosa di cui nessuno si rese conto immediatamente. Anni dopo fu lo stesso protagonista, il capitano Varela, a raccontare la scena.«Presi il pallone dalla rete e camminai lentamente verso il centro del campo. Ci misi più di due minuti, sempre tenendo in mano il pallone, con i brasiliani che mi urlavano di tutto e volevano che facessi in fretta a ricominciare il gioco perché volevano seppellirci di gol. Quando arrivai a centrocampo protestai con l'arbitro per un presunto fuorigioco, chiamai un interprete per parlare con il direttore di gara che naturalmente convalidò la rete di Friaca, ma io intanto avevo guadagnato un altro po' di tempo, il furore dei brasiliani si era placato e in quell'istante capii che avremmo potuto vincere».
Varela guidò l'assalto. Pareggio di Schiaffino, Maracanà ammutolito. E poi, a dieci minuti dalla fine, il gol decisivo di Ghiggia, da posizione quasi impossibile. La tragedia si era consumata. Quando Obdulio Varela alzò al cielo la coppa Rimet, i brasiliani in lacrime uscivano dal campo. Lutto nazionale. A Montevideo pubblico e tifosi in delirio. Ma Varela era a Rio, non sentiva la vittoria, vedeva soltanto la sconfitta dei suoi avversari.
Con il massaggiatore andò a fare un giro per i locali, lo riconobbero, ma non lo toccarono. Fu lui ad avvicinarsi a un tifoso brasiliano per consolarlo e per tutta risposta ricevette una birra e gli venne offerto di bere alla memoria della coppa del mondo che fu. Obdulio accettò, e quella notte si sentì con il cuore a pezzi.Anni dopo disse: «Se dovessi giocare di nuovo quella partita, mi segnerei un gol contro. L'unica cosa che abbiamo ottenuto vincendo il titolo è stato di far felici i dirigenti della Federazione uruguaiana che si fecero consegnare le medaglie d'oro e a noi giocatori ne diedero altre d'argento. Questo è stato il riconoscimento».
Come disse Varela, «chi non c'era non potrà mai capire...».
Vi allego le impressioni post partita di Varela, capitano dell'Uruguay bicampione del mondo, uomo vero.
Rappresentano una testimonanza appassionante.
Quell'uomo si chiamava Obdulio Varela, era il capitano dell'Uruguay che aveva appena battuto il Brasile e conquistato a Rio de Janeiro, in casa del nemico, il titolo di campione del mondo di calcio. Per tutta la vita si portò dentro il rimorso: un popolo disperato per colpa sua. E non gl'importava che a Montevideo lo avessero eletto eroe nazionale, non gl'importava di essere il simbolo di un indimenticabile trionfo: lui, Varela, vedeva i bambini piangere e capì allora che cosa è la sconfitta.
Nunca mais, mai più, titolarono i giornali brasiliani il giorno dopo. Mai più un dolore simile, mai più una beffa tanto atroce. Loro che avevano appena inaugurato il Maracanà, il tempio del calcio, loro che avevano già organizzato le feste di celebrazione, loro che si credevano campioni del mondo per diritto divino, loro che con la tipica presunzione brasiliana non badavano agli avversari, loro che aspettavano il fischio finale dell' arbitro per urlare di gioia e mettere in scena un Carnevale fuori stagione, carri e ballerine già pronti, fiato alla musica, samba e caipirinha a volontà. Ma la storia che noi vorremmo scrivere diventa spesso prigioniera del destino, finisce imbrigliata in una tela da cui è impossibile uscire e non resta che piangere. Di rabbia e di delusione. Di disperazione, anche. Successe questo: il Brasile, favoritissimo alla vigilia, andò in vantaggio all'inizio del secondo tempo con Friaca, l'ala destra, e il Maracanà esplose. Sembrava l'inizio della disfatta per l'Uruguay: basti pensare che giocatori e tecnici della Celeste, prima di scendere in campo, avevano dichiarato che sarebbe stato un successo perdere con due gol di scarto. Vittime designate e rassegnate: almeno pareva così. D'altronde la nazionale brasiliana era da tutti considerata più forte, con un attacco atomico formato da Friaca, Zizinho, Ademir, Jair e Chico.
Lo stadio, dunque, ballava di passione al gol di Friaca. E in quel momento avvenne qualcosa di strano, qualcosa di cui nessuno si rese conto immediatamente. Anni dopo fu lo stesso protagonista, il capitano Varela, a raccontare la scena.«Presi il pallone dalla rete e camminai lentamente verso il centro del campo. Ci misi più di due minuti, sempre tenendo in mano il pallone, con i brasiliani che mi urlavano di tutto e volevano che facessi in fretta a ricominciare il gioco perché volevano seppellirci di gol. Quando arrivai a centrocampo protestai con l'arbitro per un presunto fuorigioco, chiamai un interprete per parlare con il direttore di gara che naturalmente convalidò la rete di Friaca, ma io intanto avevo guadagnato un altro po' di tempo, il furore dei brasiliani si era placato e in quell'istante capii che avremmo potuto vincere».
Varela guidò l'assalto. Pareggio di Schiaffino, Maracanà ammutolito. E poi, a dieci minuti dalla fine, il gol decisivo di Ghiggia, da posizione quasi impossibile. La tragedia si era consumata. Quando Obdulio Varela alzò al cielo la coppa Rimet, i brasiliani in lacrime uscivano dal campo. Lutto nazionale. A Montevideo pubblico e tifosi in delirio. Ma Varela era a Rio, non sentiva la vittoria, vedeva soltanto la sconfitta dei suoi avversari.
Con il massaggiatore andò a fare un giro per i locali, lo riconobbero, ma non lo toccarono. Fu lui ad avvicinarsi a un tifoso brasiliano per consolarlo e per tutta risposta ricevette una birra e gli venne offerto di bere alla memoria della coppa del mondo che fu. Obdulio accettò, e quella notte si sentì con il cuore a pezzi.Anni dopo disse: «Se dovessi giocare di nuovo quella partita, mi segnerei un gol contro. L'unica cosa che abbiamo ottenuto vincendo il titolo è stato di far felici i dirigenti della Federazione uruguaiana che si fecero consegnare le medaglie d'oro e a noi giocatori ne diedero altre d'argento. Questo è stato il riconoscimento».
Come disse Varela, «chi non c'era non potrà mai capire...».
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Re: La Coppa Rimet raccontata - Brasile 1950
Spero si ripeta !!
Santiago ha scritto:*così carino così edukaku*
Uno piacere ha il grande piacere ospite di avere ospite !!ilmauro ha scritto:tonino asta è l'ideale pe fa il salto
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Re: La Coppa Rimet raccontata - Brasile 1950
La sconfitta in 50 é stata uno dei turning point della storia brasiliana...non solo nel calcio.
Questo la dico dopo...
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nakata ha scritto:certo fa ride che dopo 3 minuti di video di paredes si grida al fenomeno e poi "lo voglio vedé neymar in europa".
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Re: La Coppa Rimet raccontata - Brasile 1950
Brasileiro ha scritto:La sconfitta in 50 é stata uno dei turning point della storia brasiliana...non solo nel calcio.
Questo la dico dopo...
daje...rimango in attesa.
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Re: La Coppa Rimet raccontata - Brasile 1950
Per informazione sto finendo di sistemare i file word con tutti i racconti di Piso sui mondiali, a lavoro finito metterò un link dove poterli scaricare. Preferite tutti i racconti in un unico documento word oppure divisi per competizione?
FORZA ROMAAA!!!
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Re: La Coppa Rimet raccontata - Brasile 1950
magari per competizione.romolo1988 ha scritto:Per informazione sto finendo di sistemare i file word con tutti i racconti di Piso sui mondiali, a lavoro finito metterò un link dove poterli scaricare. Preferite tutti i racconti in un unico documento word oppure divisi per competizione?
ci qualche cazzata da correggere...in giro
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Re: La Coppa Rimet raccontata - Brasile 1950
Allora prima di pubblicarli te li invio prima a te così mi dici cosa modificarepisodinosauro ha scritto: magari per competizione.
ci qualche ca**ata da correggere...in giro
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Re: La Coppa Rimet raccontata - Brasile 1950
romolo1988 ha scritto: Allora prima di pubblicarli te li invio prima a te così mi dici cosa modificare
oky..mp per la email
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Re: La Coppa Rimet raccontata - Brasile 1950
quelli che ho finito te li ho inviati ora 

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Re: La Coppa Rimet raccontata - Brasile 1950
romolo1988 ha scritto:quelli che ho finito te li ho inviati ora
visto
